Archive for October 2015

[Rubrica] Un sabato notte al Polo Reale

    • Un sabato notte al Polo Reale

      Articolo di Marco Massa - Alucard Belmont

      È terminata Sabato 29 Agosto l’iniziativa promossa dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali del Turismo dal nome“Un sabato notte al museo”: progetto che per tutta l’estate ha permesso la visita notturna ai principali musei d’Italia a tariffa ridotta.
      Il Polo Reale di Torino è stato fra i musei interessati dal progetto, nello specifico: Palazzo Reale, l’Armeria Reale e il Museo Archeologico.

      Ogni sabato l’apertura delle strutture è stata prolungata oltre il consueto orario di visita - normalmente 8.30 - 18.00 – così da permettere a turisti e non di ammirare alcune delle più importanti e famose bellezze cittadine anche dalle 20.00 alle 24.00, al costo di 6.00€ per il biglietto intero e 3.00€ per il ridotto.
      L’intero complesso museale si estende per oltre 40.000 mq e offre la possibilità di camminare fra i fasti della casa sabauda in un viaggio storico/artistico capace di condurci dallo stile barocco che arricchisce la struttura del Palazzo Reale a una delle più ricche esposizioni al mondo di armi e armature, presente nell’Armeria, terminando con un tuffo nel passato fra i reperti conservati all’interno del Museo Archeologico.

      Il tutto è stato condito dall’atmosfera estiva notturna, capace di dar vita ad un’esperienza suggestiva e una vita nuova e intrigante alle consuete visite.
      Oltre ad ammirare le collezioni sabaude, come negli appuntamenti diurni,è stato possibile beneficiare di visite guidate, approfondimenti tematici e assistere a rievocazioni storiche; fra queste, un esempio è quella messa in scena il 22 Agosto - il penultimo degli appuntamenti - dal titolo “Chiamata alle armi”: la rappresentazione di un fantasioso incontro fra cavalieri provenienti dal Medioevo e dai secoli fra il XI e XV, riunitisi al tramonto per confrontare i propri equipaggiamenti ed esercitarsi con le proprie armi, proprio nelle sale del Museo.

      Sono fermamente convinto che la diffusione e la difesa della cultura passino anche e soprattutto da iniziative di questo genere, che ho apprezzato particolarmente. L’accesso a musei, residenze ed edifici dalla grande rilevanza storica, artistica, scientifica e culturale, troppo spesso si rivela difficoltoso per costi elevati o orari incompatibili per lavoratori e famiglie; estendere i percorsi di visita alla sera e ridurre i costi come è stato fatto - se non in maniera permanente, almeno con una cadenza maggiore – è un ottimo modo per venire incontro a chi considera la cultura come qualcosa di irrinunciabile, ma che ha difficoltà ad accedervi.

      Queste sono le persone su cui bisogna investire per il futuro.
      Ho parlato di difesa della cultura non a caso: in un periodo storico in cui fanno presa sempre maggiore parole di odio, discriminazione e gretta ignoranza, provenienti sia da persone comuni che da individui dal forte impatto mediatico, difendere e proteggere la cultura sono doveri di ogni cittadino e in primis dello Stato e progetti lodevoli come questo possono elevarsi come scudo a sua difesa e come fiaccola per combattere l’ignoranza.


    • Postato da Unknown
    • 0 Comments
    • Tag :
    • Leggi Altro...
    • Commenta

[Rubrica] "Perché leggi così tanto?"

    • "Perché leggi così tanto?"

      Articolo di Marco Massa - Alucard Belmont
      - www.marcomassa.me -

      Quasi ogni lettore si sarà sentito porre questa domanda almeno un centinaio di volte: amici, parenti, conoscenti che poco apprezzano o comprendono il nostro stare costantemente col naso piantato in un libro. Generalmente tendo a rispondere in maniera vaga, “perché mi piace”, consapevole della stupidità della risposta così come lo sono dell’assoluta idiozia della domanda. È come se vi chiedessero del perché mangiate la pizza: perché vi piace. Ma dai, davvero? Quando però la domanda mi è stata fatta da una lettrice, un altro esemplare della mia stessa specie me lo sono chiesto davvero.

      Perché leggo? Per viaggiare.

      Ho visto e visitato più luoghi viaggiando su vascelli fatti di carta e inchiostro di quanti ne abbia visti o vedrò mai uscendo di casa.
      Non c’è contrada della Contea o foresta della Terra di Mezzo che io non abbia attraversato; non c’è stanza di Hogwarts in cui non mi sia imbattuto almeno una volta. Ho visto Amsterdam ed i suoi canali e pochi giorni dopo ero già in marcia verso Approdo del Re. Ho impresse nella mente le rovine dovute al cataclisma che ha devastato Ansalon, così come la miseria che affligge i più squallidi vicoli di Londra.
      Ho vagato leggendo, e senza muovere un passo vagherò finché gli occhi e la mente mi permetteranno di distinguere una riga da un’altra, una parola da quella accanto.

      Per imparare a combattere.

      Chiunque affronta battaglie ogni giorno nella propria vita. Sono battaglie in cui troppo spesso ci si trova ad essere comparse impotenti, fanti inermi travolti dalla cavalleria nemica senza neppure la possibilità di vibrare un fendente per difendersi. Quando i nemici marciano fra i capitoli, invece, ti puoi allenare e puoi prepararti alla marea che sta per travolgerti. Puoi imparare a combatterli. Io ero lì quando le mura del Fosso di Helm hanno ceduto ed ero accanto al principe Oberyn quando la Montagna lo ha attaccato. C’ero quando la TAC di Gus si è“illuminata come un albero di natale” così come il giorno in cui Mo ha visto strapparti Resa dalle braccia. Non sempre la battaglia si vince, ma avere la possibilità di provarci è più di quanto a molti sia concesso. Ad ogni combattimento e duello che ho affrontato contro guerrieri e mali fatti di parole ho imparato ad affrontare quelle sfide che il mondo reale ti mette davanti. Come nei libri, spesso si perde, ma almeno si sa come affrontarle. Almeno si può provare a vincere.

      Per innamorarmi.

      In questo mondo mi sono innamorato così profondamente da sembrare di vivere una favola scritta dal più romantico e malinconico degli autori. Poi ho amato ancora immagino, in maniera disperata, sanguigna, senza però riuscire a legare a me la ragazza che avevo accanto. Non sono tante volte, immagino. Al contrario, tante e tante volte mi sono innamorato disperso fra le pagine di un romanzo, così profondamente da sembrare amore vero.
      Ho amato Hermione, la sua intelligenza e il suo lottare per i più deboli; mi sono innamorato e lo sono ancora di Hazel Grace, del suo umorismo e della sua forza, così superiore a quella di qualunque eroina che abbia incontrato nei miei viaggi. Non so se mi perdo in quelle storie in attesa di scrivere la mia personale, cercando di coglierne le sfumature che più mi affa-scinano per farle mie; cercando nei libri e con i libri di trovare quella ragazza che nei libri e coi libri sta cercando me.
      Non so se capita perché cerco di ricordare la bellezza di ciò che ho perduto. So solo che mi perderei mille e mille volte ancora.

      Per sognare.

      È innegabile, capita a tutti di essere stanchi della solita routine di tanto in tanto. Scuola – casa -lavoro, casa - scuola-lavoro e così via.
      Leggere mi permette di allontanarmi per qualche ora da una realtà che indubbiamente mi sta stretta; rende possibile sognare senza essere addormentati, permette di essere padrone dei sogni che faccio perché scegliendo un libro scelgo ciò che più ho desiderio di sognare.
      Che sia cavalcare una scopa volante, aiutare Katinss negli Hunger Games o assistere ai magnifici gesti di pura umanità di John Coffey.
      Ed è vero: “non serve a niente rifugiarsi nei sogni e dimenticarsi di vivere”, come un mago dalla barba bianca afferma, ma è altrettanto veritiero che prendersi una pausa da questo grigio mondo aiuta a non lasciare che la realtà ci inghiotta e ci faccia dimenticare come si sogna.
      Accumulo libri ed accumulo sogni.

      Di cosa è fatta la vita, se non di questi elementi? Quale vita non è fatta di viaggi? Quale non è fatta di sfide, lotte e difficoltà?
      Quale vita può essere definita tale senza amore o sogni?
      Quindi, perché leggo? Perché farlo mi insegna a stare al mondo.
      Mi difende e mi arma. Mi insegna ad amare e sognare.

      Leggo per vivere.

      Privarmi di questo piacere, privarmi del profumo della carta, di quelle lettere stampate e del fruscio di quando un capitolo lascia il posto al successivo, significherebbe privarmi di ciò che differenzia vivere ed esistere. Leggo, quindi vivo. E voi?


    • Postato da Unknown
    • 0 Comments
    • Tag :
    • Leggi Altro...
    • Commenta

A Proposito di Musica...

    • A Proposito di Musica...

      Articolo di M° Sergio Pasteris

      Ci sono domande delle quali si vorrebbe conoscere la risposta per pura curiosità, oppure pensando alla musica come possibile percorso amatoriale o ancora consi-derandola come uno sbocco professionale:

      1) A che età iniziare a studiare uno strumento? E quale?
      2) A che età iniziare a cantare in un coro?
      3) È necessario imparare a leggere la musica?
      4) Qual è il migliore percorso da seguire?

      In merito alla “famigerata” lettura musicale, le eventuali pregresse esperienze negative fanno sì che un approccio in tal senso possa essere rifiutato in partenza. Spesso l’applicazione di metodologie obsolete e didatticamente superate ha impedito a molti bambini e ragazzi di avvicinarsi alla musica come praticanti. Può capitare che, da adulti, le stesse persone scoprano l’esistenza di tecniche di approccio alla musica veramente facili e che recano grande soddisfazione in un tempo relativamente modesto.

      “Non posso far musica, mi hanno sempre detto che sono stonato/a”. Ecco un giudizio che mi fa pensare a chi non ha mai gareggiato in piscina perché nessuno gli ha mai insegnato a nuotare. Ci sono certamente molte persone in grado di cantare da subito con intonazione perfetta o quasi; ma l’esperienza insegna che un corretto percorso didattico può comunque fornire le basi per una corretta emissione cantata. L’errore è negare l’approccio alla musica tout court, senza preoccuparsi di capire le difficoltà oggettive e trovare il modo di superarle.

      Se i lettori hanno interesse a successivi approfondimenti, possono far giungere alla redazione le loro richieste. Si potrebbe anche ipotizzare un futuro incontro con i genitori per considerare casi personali specifici.


    • Postato da Unknown
    • 0 Comments
    • Tag :
    • Leggi Altro...
    • Commenta

Mons. Nosiglia, accoglienza ai profughi: lettera alla Diocesi e ai cittadini

    • Mons. Nosiglia, accoglienza ai profughi:
      lettera alla Diocesi e ai cittadini

      «Cari presbiteri, diaconi e religiosi, famiglie e fedeli della Diocesi di Torino e cari cittadini, in questo periodo estivo è emersa in tutta la sua gravità la problematica dell’accoglienza dei rifugiati che giungono numerosi nella nostra patria come in altre nazioni europee per fuggire da situazioni tragiche di guerre, violenze e povertà estreme.
      Ne sono derivate polemiche e contrapposizioni aspre. Tutti ci accorgiamo che un clima di tensione incentivato anche dai media non giova ad affrontare con equilibrio e generosità questa emergenza, che invece esige un supplemento di impegno da parte di ogni componente sociale, rifuggendo da cinici populismi o ingenui buonismi.
      Cavalcare le paure e gli allarmismi ingenera atteggiamenti di rifiuto che chiudono il cuore e addormentano la responsabilità di fronte all'obbligo forte consegnatoci dal Signore e che deve risuonare nelle coscienze e nel cuore di credenti e cittadini: “ero forestiero e mi avete ospitato”. Il buonismo ingenuo, a sua volta, rischia di ostacolare una intelligente gestione dei vari problemi che l’accoglienza pone. Sono questioni che vanno affrontate con la volontà di mettere al centro la persona bisognosa e che interpellano ciascuno di noi, non solo le istituzioni, sul senso vero che diamo alle parole “solidarietà” e “giustizia”. (…)
      Pur consapevole dell’impegno che comporta la proposta, chiedo ad ogni Unità Pastorale della nostra Diocesi di provare a definire un concreto programma di accoglienza straordinaria e di accompagnamento per alcuni fratelli e sorelle vittime della migrazione forzata. Si tratta in partenza di affrontare il bisogno urgente dell’alloggio per poi promuovere insieme alle altre realtà ecclesiali e civili un sostegno effettivo al percorso di inclusione sociale di cui avranno bisogno. (…)
      Chiedo in particolare ai moderatori e referenti territoriali della Caritas, San Vincenzo e altre realtà che operano nel sociale, di promuovere in ogni Unità Pastorale uno o più luoghi di accoglienza temporanea capaci di ospitare 5 persone ciascuno, cercando la disponibilità presso le parrocchie, gli istituti religiosi, le case di risposo, altre strutture ecclesiali presenti sul territorio. Le comunità siano coinvolte in questa iniziativa sentendosene responsabili e offrendo il loro sostegno.
      Non si tratta di una accoglienza solo notturna, come per quella offerta ai senza dimora da alcune parrocchie, ma di ospitalità completa per alcuni mesi, in base alle necessità e alle indicazioni che le Istituzioni pubbliche potranno fornirci. La capillarità di tale operazione, unita all'invito affinché anche alcune famiglie siano disponibili ad accogliere un rifugiato in casa, può produrre un frutto molto positivo. (…)
      Siccome l’iniziativa presenta anche aspetti delicati, per rendere ordinato il progetto e per attuarlo davvero in rete chiedo ad ogni Unità Pastorale di riferirsi all'Ufficio Pastorale dei Migranti che – in stretta collaborazione con la Caritas diocesana – offrirà un supporto di indirizzo, di coordinamento, di informazione, di elaborazione progettuale. Maria Santissima Consolata e i nostri grandi Santi sociali ci aiutino e sostengano nel compiere fino in fondo questo dovere primario della carità, fonte prima di fede e di pace per tutti. Vi benedico di cuore. 
      Mons. Cesare Vescovo, Padre e amico.» 

      Link dell'articolo originale


      Riflessione:
      Di fronte a questa lettera ogni cittadino sia egli cattolico, ebreo, musulmano, ortodosso, ateo … dovrebbe sentirsi coinvolto personalmente sia per carità cristiana , sia per senso di giustizia, sia per filantropia e dare delle disponibilità secondo le proprie possibilità, le proprie competenze. Ci sentiamo interpellati?????
      Pensiamo per un attimo di essere noi in quelle stive, di essere noi a sentire fischiare le pallottole attorno a noi, di essere noi ad attraversare il filo spinato, di essere noi a sentire fame, di essere noi a rischiare la morte, di essere noi a non sapere dove piangere i nostri cari .……. Perché l’altro deve non provare a sopravvivere? secondo voi dovrebbe essere li fermo e accettare di morire????? Tu lo faresti??????

    • Postato da Unknown
    • 0 Comments
    • Tag :
    • Leggi Altro...
    • Commenta

Testimonianze: come vivo il mio precariato

    • Testimonianze:
      come vivo il mio precariato


      Mi chiamo Patrizia. Per quest’anno scolastico ho fatto supplenze come insegnante precaria. Cosa sarò da qui a un mese non lo so. Questo ‘non sapere’ genera in me un senso di inquietudine e a volte di ansia. Spesso si fa strada anche l’amarezza perché ho passato anni duri per avere una maturità classica e una laurea in Lettere. Nel 2009 mi sono trovata di punto in bianco senza nulla perché le leggi Gelmini avevano abolito le supplenze, il primo approccio per molti per continuare ad insegnare. Subito ho capito che dovevo aprirmi altri sbocchi. Da un corso di marketing, seguito durante l’università, avevo imparato che il primo passo era procedere ad un’ ‘analisi interna’, in questo caso dei miei punti di forza e di debolezza.

      Subito ho cominciato a dare ripetizioni di latino e greco, girando Torino e provincia, coi mezzi pubblici. Guadagni minimi li ho avuti collaborando con scuole di recupero anni. Avendo problemi alla schiena, mi sono umiliata a fare le pratiche per entrare nelle categorie protette e l’ho ottenuto: si parla tanto di trasformare in ‘risorse’ i punti di debolezza. Questo mi ha aperto la porta a un tirocinio di due anni come addetta all’ufficio e alla segreteria. Contemporaneamente, essendo un mio punto di forza le lingue, ho seguito corsi di lingue gratuiti per disoccupati. E’ vero che in certi momenti dicevo tra me: “mi sto facendo il mazzo e poi non avrò nulla”. Ma non sono mai stata ferma. Ho sperimentato anche il fallimento nel settore più ricercato al momento, quello della contabilità: ho fatto corsi ma i conti non quadravano mai! Questo quindi è un mio punto di debolezza: non posso lavorare con i numeri. Poi, nel 2014, dopo cinque anni hanno ripreso a contattarmi per delle supplenze. Stanno già pensando di abolire la fa-scia dei precari ma intanto ho lavorato per un anno. Penso che solo pochi fortunati, oggi, possano sperare in un lavoro fisso per tutta la vita. Ma ho sperimentato che trovare strade nuove e mettere a frutto e sviluppare le proprie potenzialità può essere stimolante. Non so quale sarà il mio prossimo lavoro ma sono curiosa di scoprirlo. Per questo incoraggio tutti a puntare sulle proprie capacità, nessuno ne è privo, sono da scoprire e non bisogna mollare mai!
    • Postato da Unknown
    • 0 Comments
    • Tag :
    • Leggi Altro...
    • Commenta

I Gialli di Porter: Morte di un Giocatore di Golf (1° Puntata)

    • I Gialli di Porter

      La Mia Città con questo numero avvia una nuova rubrica.
      Si tratta de “I Gialli di Porter”
      racconti polizieschi, ambientati a Torino
      che si sviluppano in alcune puntate
      per creare il giusto pathos nei lettori
      possono così provare a misurare le loro capacità
      di indagine e sviluppare la loro fantasia.

      Il debutto di questa rubrica avviene con “Morte di un giocatore di golf” un giallo avvincente che vede un gruppo investigativo chiamato a risolvere l’enigma della morte di un misterioso personaggio il cui cadavere è stato rinvenuto ai margini dell’autostrada che solitamente i torinesi utilizzano per raggiungere le località di villeggiatura della Liguria. Il primo tassello è individuare l’identità della vittima.
      Buona lettura.

      MORTE DI UN GIOCATORE DI GOLF
      1° Puntata



      Identificarlo non era facile, non aveva nulla di particolare, in apparenza.
      Statura media, sui quaranta, capelli castani, viso abbronzato, nessun segno particolare, solo il foro del proiettile che lo aveva ucciso.
      L'avevano trovato all'alba in un fosso, lungo la tangenziale, vicino al casello della Torino-Savona; probabilmente era stato scaricato da un'auto, nella notte. Non c’era ancora l’esito dell’autopsia, ma la morte poteva essere fatta risalire a 5 o 6 ore prima del ritrovamento.
      Non era davvero molto per iniziare le indagini. Sul posto si erano arrivati il commissario Bellon con l'ispettore Badini. Più tardi li raggiunsero il magistrato inquirente, la dottoressa Bellini, ed il medico legale, il dottor Stivani. C'erano anche quelli della Scientifica.
      Il cadavere, effettuati gli accertamenti del caso, venne trasportato all'Istituto di Medicina Legale dove lo Stivani avrebbe effettuato l'autopsia.
      Qualche notizia in più forse si sarebbe potuta avere dalle impronte digitali, ma il Bellon non ci faceva troppo affidamento.
      Il cadavere non gli era parso una “vecchia conoscenza2 delle Questura; quindi la speranza è che arrivasse una denuncia di scomparsa, perché gli indumenti erano decisamente raffinati, ma senza etichetta e altri elementi per l'identificazione non ce ne erano.
      La dottoressa Bellini, come sempre elegante, anche se di prima mattina, preso atto della situazione, si congedò con un augurio di buon lavoro e il Bellon, accendendosi una sigaretta, la osservò compiaciuto, mentre si allontanava, con un leggero, ma sinuoso ancheggiamento, per raggiungere la sua auto. Per lui, dopo l'esperienza con il dottor Lo Russo, (p.m. in un caso che aveva avuto come vittima un viados) lavorare di nuovo con la Bellini era un sollievo.
      Rientrati in Commissariato, Bellon affidò all’ispettore Badini, e all'agente Moriondo, il compito di condurre tutte le ricerche utili a favorire l'identificazione del cadavere. Una pizza ai quattro formaggi con una birra nel bar di fronte all'ufficio, sotto i portici, per pranzo, per poi immergersi nello studio delle carte. Dopo un po' lo raggiunse Badini, ottima scusa per prolungare un po' la pausa. Si accese l'ennesima sigaretta chiedendogli - "Allora, trovato qualcosa?".
      "Ma commissario un'altra?".
      "Un'altra che?".
      "Sigaretta. Sarà almeno la ventesima da stamani".
      "E allora? Da quando ha smesso di fumare, come tutti i pentiti, è diventato un gran rompiscatole".
      "Smesso? Con tutte quelle che lei mi fuma sotto al naso, è come se fumassi ancora, anzi, di più perchè dicono che il fumo passivo...".
      "Lasci perdere ispettore, non mi faccia dire cosa penso del suo dottor Veronesi. Veniamo al nostro caso. Ci sono novità?".
      "Proprio niente. Posso solo dirle che son tutti capi piuttosto raffinati, non si tratta certo di un clochard, cosa che si poteva dedurre, peraltro, anche dal taglio dei capelli e dalla barba ben rasata".
      "Denunce di scomparse?".
      "No, nessuna".
      "E l'autopsia?".
      "Non abbiamo ancora l’esito; se vuole la sollecito".
      "Non è il caso, faccio io un salto da Stivani,
      Il Commissario ne approfitta per fare quattro passi e prendere una boccata d'aria.
      "A che punto siamo dottor Stivani?".
      "Ho finito, tra poco Le avrei trasmesso gli esiti.
      "C’è qualcosa d'interessante?".
      "L'ora del decesso è tra le 3 e le 4 e, dai resti trovati nello stomaco, aveva dovuto fare un'ottima cena".
      "Meno male, dato che è stata l'ultima".
      "Un solo colpo, di un piccolo calibro, alla tempia sinistra. Morte istantanea".
      "Nient'altro?".
      "Età, sui quaranta. Unghie ben curate. Fisico prestante. Viso e mano destra abbronzati. Un piccolo tatuaggio sulla spalla sinistra. Pochi capelli, castano chiaro. Una protesi dentaria. Occhi castani. Cosa posso dirle d'altro?".
      "Come si chiamava. Che mestiere faceva. Dove abitava? Per esempio".
      "Niente altro? Però, se può esserle utile, posso dirle una mia impressione, era un uomo che giocava a golf".
      "A golf? E da cosa diavolo lo deduce?".
      "Dall'abbronzatura della mano destra".
      "Non la seguo".
      "Si vede che lei non pratica il golf, se no saprebbe che la sinistra è coperta dal guanto".
      "E bravo il mio dottore, dal che deduco che anche lei è un giocatore, o sbaglio? Il che vuol dire che il nostro uomo doveva essere un giocatore assiduo".
      "Direi proprio di sì".
      Anche la dottoressa Bellini, viene messa al corrente e prova a riassumere la situazione.
      “Il nostro uomo non è un distinto quarantenne con un piccolo tatuaggio, che ama mangiare bene e giocare a golf, o c'è qualcosa d'altro?".
      "No, per ora non c'è altro ma, con l'identikit che mi hanno preparato, farò battere tutti i campi da golf e i buoni ristoranti e con un po' di fortuna forse riusciremo a dargli un nome".
      "Uno scherzetto da nulla, Bellon. Ha idea di quanti sono i campi da golf nei dintorni di Torino? E chi ci dice che non giocasse in un'altra città, per non parlare poi dei ristoranti".
      "Grazie per l'incoraggiamento, comunque ci proveremo".
      "Se avrà successo, in premio, la inviterò a mangiare un boccone da me. Non sarò brava come sua madre, ma vedrà che me la caverò".
      "Con questa prospettiva vedrà che ci riuscirò e per ricambiare la inviterò nel ristorante dove il nostro uomo ha fatto la sua ultima cena".
      "E se l'avesse fatta in un altro posto, magari, a casa del suo assassino?".
      L’ispettore si mette al lavoro con i suoi uomini e dopo un paio di giorni è costretto ad ammettere:
      "Abbiamo setacciato tutti i clubs di golf, da Stupinigi alla Mandria, a Moncalieri, a Carnagnola, ma non ho concluso nulla, sono stato anche alle Betulle di Biella ma niente. Se davvero è un giocatore di golf, non gioca da queste parti".
      "Ottima deduzione Badini, ma se è così allora è possibile che non sia di Torino".
      "Non vorrà mica che faccia il giro di tutti i Golf d'Italia o anche della Costa Azzurra".
      "No. Le piacerebbe, ma non mi sembra il caso. Ma se non è di Torino, a Torino deve esserci arrivato e potrebbe aver preso stanza in un hotel".
      "Ho afferrato, commissario, mi darò da fare".
      "Bravo Badini, io smaltisco le ultime scartoffie e poi le darò una mano, sempre che non preferisca continuare a farsi aiutare dalla bella Concetta".
      "Allora Bellon, se l'è guadagnata questa cena o no?".
      "Non ancora, ma siamo sulla buona strada".
      "Davvero?".
      "Commissario, forse abbiamo trovato la pista giusta".
      "Non mi dica Badini. Lei è un portento".
      "Veramente il merito è della Moriondo. Ci siamo divisi gli alberghi, iniziando da quelli vicini a Porta Nuova. A me è andata buca. lei invece... Se permette, forse è meglio che sia lei stessa a relazionare".
      "Certo, mi dica tutto agente".
      "Al terzo albergo. Sono andata al Mirage di via ... Ho mostrato la foto al portiere, gli sembrava, ma non era troppo sicuro. Allora ha chiamato un suo aiuto, il quale non ha avuto dubbi, «E' il signore della 304» Hanno consultato la registrazione: Trovato, si tratta di Foggini Silvano, residente a Roma".
      "Brava, Moriondo. Ma come mai non ne han segnalata la scomparsa?".
      "Perchè è partito".
      "E' partito?".
      "Sì. Mi han detto che l'altro ieri si è presentato un signore, lo stesso che alcuni giorni prima aveva prenotato la camera per il Foggini, dicendo che l’uomo era dovuto partire improvvisamente e lo aveva incaricato di saldare il conto e ritirare la valigia che aveva lasciato in camera".
      "Hanno chiesto i documenti a questo tipo?".
      "No. Dato che era lo stesso che aveva prenotato. Pero lo hanno accompagnare alla camera ed il cameriere è stato con lui mentre ritirava i suoi effetti personali, che sono stati messi in una borsa , che conteneva solo una camicia e dei calzini".
      L’unica altra cosa che ricordano è che l’uomo ha lasciato una bella mancia.
      "Quindi di questo tipo non sanno dire altro?".
      "Nulla. Mi hanno solo chiesto se era successo qualcosa e se avrebbero avuto delle grane. Ho detto che si tenessero a disposizione".
      "Perfetto, agente Moriondo. Li convocheremo perchè ci descrivano questo signore
      "Ok. Allora in attesa di risentirli, cerchiamo di sapere qualcosa su questo Foggini. Abbiamo il suo indirizzo di Roma?".
      "Certo. Me ne occupo subito".
      "Aspetti Badini. Telefoni al commissario Bonfante a Roma. E' un mio amico. Ci darà volentieri una mano. Intanto io faccio un salto all’hotel. Lei, Moriondo, venga con me".
      " In quanto a Lei, cara dottoressa credo dovrà proprio darsi da fare in cucina,. Il morto è un romano. Un certo Foggini Silvano. Scapolo, fotografo di professione, giocatore di golf, per hobby".
      "Complimenti, Bellon. Ma chi lo ha ucciso, e perchè?".
      "Piano, dottoressa. Per ora ci siamo limitati ad identificarlo. Tra qualche giorno sapremo, di lui, qualcosa di più. Intanto, cerchiamo di arrivare all'uomo che ha ritirato la sua roba in hotel e...".
      "Aspetti, commissario, non riesco a seguirla".
      "Ha ragione, dottoressa, non può farlo. Non le ho ancora detto come la Moriondo è riuscita a identificare il Foggini. Se ha tempo le riferisco tutto dalla A alla Z".
      "Certo che ho tempo, mi dica tutto".

      Fine 1° Puntata
      Segue sul prossimo numero...
    • Postato da Unknown
    • 0 Comments
    • Tag :
    • Leggi Altro...
    • Commenta

[Rubrica] Pesca a Spinning

    • Pesca a Spinning
      articolo di Stefano Terrando



      La tecnica dello spinning, conosciuta in italiano come pesca con il cucchiaino o con gli artificiali, è una tecnica che ha l’obiettivo della cattura dei pesci predatori, come la trota, il cavedano, il black bass, e i lucci. L’esca, con questo tipo di tecnica, sarà sempre costituita da un artificiale, che potrà cambiare per forma o per misura. Si distinguono essenzialmente due tipi di esche, il cucchiaino, rotante o ondulante e il minnow, cioè il pesciolino finto, solitamente composto da balsa. Il rotante è formato da un corpo di piombo connesso ad un’anima d’acciaio e da una paletta che gira intorno mentre l’ondulante è un pezzo di metallo sagomato in modo da fargli assumere movimenti che ricordino un pesciolino. Negli anni poi la tecnica si è arricchita di una gamma di esche di silicone, o gomme, tali da rendere lo spinning molto più vario.

      Ciò che bisogna subito comprendere è che l’esca deve essere sempre in movimento, infatti il primo fondamento dello spinning consiste nello stimolare l’aggressività e la curiosità dei pesci elencati in precedenza. I cucchiaini, sono infatti piccoli congegni volti a generare effetti di vibrazione, di ottica ed elettromagnetici capaci di attirare una reazione riflessa nei pesci sottoposti a questi effetti. La curiosità innata dei pesci con l’istinto predatore li farà diventare possibile e facile preda.

      Ma come si pratica lo spinning? Si tratta semplicemente di lanciare un’esca in acqua e di recuperarla verso riva centinaia di volte. Detto così sembra banale e forse anche noioso ma la realtà dei fatti ci dice che questo tipo di pescatore dovrà affrontare diversissime situazioni e avrà l’onore di sentire l’abboccata del pesce direttamente sul braccio e sul polso, non intermediata da galleggianti o da cimini. Basterà sentire una volta questo tipo di abboccata per comprendere come mai questa tecnica affascini sempre più pescatori. Una delle prime regole da seguire consiste nel cambiare spesso posizione di pesca, difatti non avrà senso insistere troppo a lungo in un solo posto se il predatore è assente o poco attivo. Il predatore bisogna cercarlo, quindi si dovrà perlustrare in lungo e in largo il corso del fiume con interminabili camminate. Ecco perché lo spinning è una tecnica piuttosto fisica. Altri punti molto positivi di questa tecnica vanno ricercati nell'assenza di limitazioni per le zone in cui essa può essere praticata, per il periodo in cui si può effettuare, infatti ogni periodo dell’anno ha qualche buon predatore da essere insidiato e in ultimo un’attrezzatura ridotta all'osso: una canna, un mulinello e una scatola per contenere gli artificiali. Ci sono anche lati negativi: innanzitutto, cercando di catturare pesci predatori che limitano a pochi momenti della giornata la loro attività di caccia, il numero di catture effettuate sarà difficilmente elevato, anche se spesso di dimensioni ragguardevoli. Un secondo piccolo problema è legato alla quantità di artificiali usciti in commercio che potrebbero spiazzare e scoraggiare i neofiti al cominciare questa tecnica.

       


      Gli Artificiali

      Detto della quantità di artificiali in circolazione è bene analizzare le caratteristiche dei suoi modelli più tipici, il colore e soprattutto la forma.

      Per quanto riguarda il colore dei cucchiaini l’importante sta nella paletta e nel corpo, tutti gli altri disegni modificheranno solo leggermente l’effetto del cucchiaino aumentandone o diminuendone la brillantezza, e questo vale sia per i rotanti che per gli ondulanti. In linea generale si può comunque associare un cucchiaino con la paletta dorata ad una giornata soleggiata con acque trasparenti mentre quello con la paletta argentata renderà di più in momenti con poca luce e acque più torbide.

      La forma, invece, influenza molto il comportamento dell’artificiale. Nel rotante, se la paletta presenta una forma più affusolata e allungata resterà più facilmente ad una profondità più bassa, se invece la forma è più tozza e arrotondata si avvicinerà più in fretta alla superficie. Ovviamente tutto questo sarà influenzato dal peso del rotante. Per il luccio sarà preferibile un modello più grande e pesante come il tandem, un doppio rotante, per la trota modelli intermedi da 2 grammi fino ai 12 grammi, mentre per un pesce sospettoso come il cavedano saranno da preferire i cucchiaini più piccoli in circolazione, inferiori ai 2 grammi.


      Invece i minnows, vale a dire i pesciolini finti, in circolazione si distinguono essenzialmente in galleggianti e affondanti, i primi, straordinariamente efficaci per la pesca del boccalone, o black bass, e in parte per la pesca alla trota in acque non particolarmente profonde. Un ottimo vantaggio è la minore possibilità di incastrarli sul fondo, considerando che non si tratta di esche economiche e che perderle potrebbe rendere questa tecnica onerosa. I minnows affondanti sono invece ottimi nella pesca in corrente di trote lucci e nelle misure più piccoline di cavedani e persici reali. Bisogna comunque comprendere che con un pesciolino le possibilità di attirare un pesce aumentano se si riesce a recuperarlo in modo naturale, simulando un pesce in difficoltà o in fuga verso luoghi più appartati e tranquilli. Di conseguenza, recuperarlo a strappetti, in gergo, jerkata, o con continue accelerazioni e rallentamenti consentirà all'esca di apparire più naturale. Sulla forma dei pesciolini ci si può sbizzarrire in imitazioni di quasi ogni genere di pesce. Vanno comunque sottolineati gli snodati, o swimming bait, in quanto offriranno una fluidità e una sinuosità di recupero impareggiabile e ne renderanno l’utilizzo più semplice per i principianti. Per qualsiasi ulteriore informazione sulla tecnica e sulle attrezzature più idonee a cominciare questa tecnica non esitate a venire a trovarci in Via sacchi 50 da Dimensione pesca.
    • Postato da Unknown
    • 0 Comments
    • Tag :
    • Leggi Altro...
    • Commenta

Vandali deturpano il monumento alla memoria di Galileo Ferraris

    • Vandali deturpano il monumento alla memoria di Galileo Ferraris
      “La figura della fanciulla aveva già subito atti di vandalismo nei mesi scorsi con l’amputazione del braccio, e sul finire di maggio i vandali hanno proseguito la loro opera di distruzione.”

      In corso Montevecchio, all'incrocio con corso Trieste, è situato il monumento dedicato alla memoria di Galileo Ferraris, nato il 30 ottobre 1847 e morto il 7 febbraio 1897 proprio qui a Torino: egli fu ingegnere e scienziato italiano e fu l’ideatore del motore elettrico in corrente alternata nonché scopritore del campo magnetico rotante; tale scoperta fu esposta ufficialmente in una nota presentata all'Accademia delle Scienze di Torino il 18 marzo 1888.
      Dopo la sua morte e la tumulazione nel cimitero monumentale di Torino lo scultore Luigi Contratti fu incaricato di dedicargli un monumento, realizzato nel 1903 e posto inizialmente sul lato sud di Palazzo Madama, per essere spostato successivamente in corso Epodi, dove lo si può trovare ed ammirare tutt'ora. Oltre alla sua locazione anche il monumento stesso ha, purtroppo, subito delle modifiche; recentemente la statua è stata deturpata da vandali tutt'ora ignoti che l’hanno presa di mira.
      La fanciulla e la sfinge alata poste alla base del piedistallo a rappresentare rispettivamente l’enigma della natura e la chiara verità della scienza sono state deturpate: la figura della fanciulla aveva già subito atti di vandalismo nei mesi scorsi con l’amputazione del braccio, e sul finire di maggio i vandali hanno proseguito la loro opera di distruzione decapitandola e imbrattando con graffiti la sfinge sottostante. La parte rimossa è stata trovata poco distante dal piedistallo.
      I vigili urbani e le autorità competenti stanno indagando sull'accaduto e, mentre le indagini proseguono, non possiamo che indignarci per questi atti di distruzione gratuita a danno del patrimonio storico ed artistico della nostra città; il monumento dedicato allo scienziato torinese non è infatti il primo a subire l’azione dei vandali e temiamo non sarà l’ultimo.
      Ci chiediamo quali siano le motivazioni che muovono tali azioni, consapevoli però che motivazione reale non esiste: nessun movente, protesta o azione simbolica è atta a giustificare il più becero e vigliacco vandalismo; esistono però una palese ignoranza e una profonda stupidità capaci di armare la mano di individui troppo poco intelligenti per apprezzare e preservare queste opere d’arte.


    • Postato da Unknown
    • 0 Comments
    • Tag :
    • Leggi Altro...
    • Commenta

Famiglie "adottano" famiglie in difficoltà

    • A Torino un INNOVATIVO modello di intervento sociale
      FAMIGLIE “ADOTTANO” FAMIGLIE IN DIFFICOLTA'


      Si chiama “Una famiglia per una famiglia” ed è un modello innovativo di intervento sociale pensato per sostenere le famiglie che vivono un periodo di difficoltà nella gestione della propria vita quotidiana e nelle relazioni affettive con i figli. Una famiglia che si trova in un momento critico è affiancata da un’altra che prende in carico l’intero nucleo in difficoltà - e non soltanto i minori - attraverso un patto educativo da tutti accettato e sottoscritto per un periodo di tempo prestabilito. La durata dell’intervento è in genere di dodici mesi.Il progetto è ideato dalla Fondazione Paideia onlus di Torino in collaborazione con la Città metropolitana di Torino e 8 enti gestori dei servizi sociali, è stato presentato a metà settembre.
      “La realizzazione di Una famiglia per una famiglia” ha commentato la consigliera metropolitana delegata ai diritti sociali, parità e welfare Lucia Centillo “è pienamente in linea con quanto previsto nello Statuto della Città metropolitana, laddove si raccomanda di promuovere una cultura di attenzione all'infanzia attraverso politiche volte a sostenere il diritto del minore a vivere, crescere ed essere educato nell'ambito di una famiglia”. L’idea alla base del progetto è la valorizzazione delle esperienze di sostegno e aiuto informale che, storicamente, sono sempre esistite. Si tratta di una forma di prossimità basata sullo scambio, la relazione e la reciprocità tra famiglie: tutti i componenti apportano un contributo diverso al progetto, in relazione al ruolo ricoperto in famiglia, al genere e all'età. Si cammina insieme, superando in compagnia il tratto di sentiero più accidentato. Entrambe le coppie, quella affiancata e quella affiancante, si espongono sul piano dei modelli genitoriali mettendosi reciprocamente in discussione. L’obiettivo è la prevenzione dell’allontanamento del minore dalla propria famiglia “Il progetto nasce dalla richiesta di aiuto di un bambino in affido - ha spiegato Fabrizio Serra, direttore di Fondazione Paideia - che aveva chiesto di sostenere tutta la sua famiglia. In questo modo si sposta la centralità dell’intervento dal minore all'intero nucleo familiare, evitando l’allontanamento del bambino dalla famiglia di origine e dando competenze di tipo organizzativo a famiglie che non hanno potuto gestire al meglio questa fase di accompagnamento con i loro figli”.“Per proporsi come famiglia affiancante” hanno spiegato i promotori del progetto “non occorre essere eroi o sentirsi perfetti: è importante invece essere persone rispettose degli altri, autentiche e propositive, capaci di mantenere un atteggiamento di ascolto non giudicante, essere una famiglia aperta alle relazioni comunitarie”.
      L’impegno settimanale varia in base agli obiettivi che si pone ciascun progetto e alle disponibilità della famiglia affiancante. Le famiglie interessate a collaborare possono rivolgersi all'ente gestore dei servizi sociali del territorio nel quale abitano.


      Il Direttore
      Mel Menzio

    • Postato da Unknown
    • 0 Comments
    • Tag :
    • Leggi Altro...
    • Commenta

Cerca

Archivio

Visitatori

Traduttore

- Copyright © 2015 El Cid Torino - Illustrazioni/Grafica HomePage by COOKIES & Sketches - Oreshura - Powered by Blogger - Designed by Johanes Djogan -