Posted by : Unknown December 07, 2015

Angoli della mia Città

articolo di Gabriele Argirò
fotografie di Pietro Clarizia

Casa Avezzano
Via G. Vico 2


Per Molti Torino è una città grigia e industriale, dove non succede mai nulla e tutta la vita viene scandita dai turni delle fabbriche. Ma chi conosce bene la città o chi da turista ci è capitato qualche volta, vi può raccontare senza dubbio che non è così. Si tratta solo di un insensato stereotipo. Torino, da sempre è una città piena di ottimismo e fermenti, di slanci, di anteprime e sperimentazioni che spaziano dalla cultura all'industria, dalla politica all'architettura, facendo fremere e zampillare di vita ogni via, corso, viale o piazza: dal centro alla periferia. 

Questo fervore lo possiamo palesemente respirare oggi più che mai imbattendoci in grandi cantieri come quello del grande grattacielo di Intesa San Paolo, della nuova stazione di Porta Susa ma anche con la realizzazione del Nuovo Polo Reale ( che collega vari musei importantissimi a livello nazionale e internazionale: Palazzo Reale, Galleria Subalpina, Museo Archeologico...), che contribuiscono a rendere Torino una città sempre più ambita dai turisti di ogni dove.



Torino è una città che ha costantemente espresso il desiderio di essere sotto le luci della ribalta anche durante gli anni del Boom Economico e soprattutto durante gli anni a cavallo tra la fine del secolo XIX e l'inizio del 1900, quando traboccava di creatività, fantasia e voglia di sperimentarsi. 
È proprio in questi anni che la città si afferma con l'industria cinematografica, anche in ragione della storica vicinanza geografica e culturale con la Francia dei Fratelli Lumière. È storica la prima proiezione di un film in Italia, nel capoluogo piemontese, nel lontano mese di marzo del 1896, curata dagli inventori del cinematografo; sempre a Torino, in Via Po, a novembre dello stesso anno, si realizzò la prima proiezione davanti ad un pubblico pagante.
Inoltre, non a tutti è noto che i primi studi cinematografici italiani aprirono proprio a Torino più di un secolo fa, nel 1907 quando Cinecittà doveva ancora vedere la luce nel 1937! Uno dei primi registi di film storici dell'epoca, Giovanni Pastrone vi girò uno dei primi kolossal della storia del cinema: “Cabiria”, film del 1914.
In questi anni l'architettura la fa da padrona nel campo delle arti quando si assiste al passaggio dal neogotico al liberty il quale si afferma sempre più in modo significativo: Torino diventa uno dei poli di innovazione principali a livello europeo. 
Proprio in questi anni, viene realizzato al confine tra Borgo Crocetta e San Secondo, in Via Vico numero 2, un'abitazione di grande rilievo, quella che diventerà famosa e conosciuta in tutta la città con il nome di Casa Avezzano, progettata dall'architetto Pietro Betta.
Un personaggio alquanto singolare, dal carattere eclettico non solo nel panorama architettonico torinese;
laureatosi in architettura nel 1906, in quello che oggi è il Politecnico di Torino, non si dedicò solo all'attività professionale specifica che iniziò subito dopo la laurea, ma anche alla didattica; inoltre fu animatore di svariate iniziative culturali e scientifiche. Subito dopo la laurea si recò a Roma per studiare gli "antichi monumenti" di cui ne rielaborò lo stile facendolo proprio. Ciò gli permise di realizzare il progetto forse più conosciuto di questo periodo: Casa Avezzano.


Per cogliere al meglio lo spirito innovativo dell'edificio è necessario conoscere più a fondo questo straordinario personaggio: egli divenne prima assistente e successivamente assunse la cattedra di "Storia dell'Architettura" nel 1921 e di "Edilizia cittadina" nel 1929 alla Regia Scuola di Architettura (l'attuale Politecnico di Torino). Contemporaneamente fu direttore della rivista L'Architettura Italiana (periodico mensile di Architettura tecnica edito a Torino) dal 1926 al 1928. Svolse un ruolo rilevante nel dibattito sul rinnovamento architettonico di quegli anni e fu tra gli organizzatori delle Mostre Edilizie Torinesi del 1922 e del 1926, nonché dell'Esposizione di Architettura del 1928 che segnò l'esordio dell'architettura razionalista. Fece parte delle Commissioni Igienico Edilizie, del Comitato Direttivo del Museo Civico e della Galleria d'Arte Moderna.
Nel campo urbanistico dal 1913 elaborò un progetto per il Risanamento di via Roma. Pietro Betta si rivela così un professionista di alto livello culturale, costantemente spinto a sperimentare nuove vie, curioso e appassionato, ma pure razionale e metodico.




Casa Avezzano testimonia l'estrosità del nostro architetto; essa fu costruita tra gli anni 1909 e 1912, anni che vedono l'affermazione dello stile liberty in tutte le sue forme: grafica, decorativa e architettonica.Ma Pietro Betta, acuto osservatore, eclettico  per natura e audace nelle proposte, gioca con vari stili nella realizzazione di questa abitazione civile, grazie agli espedienti elaborati e assimilati
nel corso della sua formazione e inserisce nel progetto elementi costruttivi e architettonici che spaziano dal liberty, che Betta comincia a mettere in discussione, al neoclassicismo; il risultato è splendido: gli aspetti decorativi slanciati e leggiadri dell'uno, gli apparati stilistici più solidi e maestosi dell'altro, fanno di Casa Avezzano un amalgama di leggerezza e slancio, raffinatezza e ricercatezza di particolari, solidità.



Il neo-classicismo infatti (si sviluppa in Europa nella prima metà del XIX secolo) esprime il ritorno all'antico, come simbolo di ordine e rigore, ma anche di maestosità e “bellezza” attraverso archi, colonnati, lesene su fronti architettonici alti e uniformi, spesso sovrastati da timpani o frontoni.
In particolare gli ingredienti in stile liberty di matrice hoffmanniana elargiscono alla casa una forte carica espressiva; l'architetto vi inserisce e vi rielabora forme e monumentalità della tradizione classica, evidenti nelle quattro possenti colonne corinzie che scandiscono la parte centrale della facciata, racchiudendo i bow-windows e sovrastando altrettante inaspettate protome taurine.
Il complesso rammenta per certi versi forme e architetture delle colonne dei Fori Imperiali di Roma.
Un sorriso coglie il fruitore dell'opera: Casa Avezzano è proprio un intelligente e monumentale pot-puorri architettonico!
Ma tanta bellezza contiene elementi di razionale sistematicità così che Pietro Betta continua a stupire: l'edificio fu tra i primi a Torino ad essere costruito con una struttura in cemento armato! Una novità per quegli anni.
In Casa Avezzano troviamo ancora delle influenze tipiche di quella che in architettura è detta Moderne Architektur austriaca, che sembrano simbolizzare i principi di semplicità, purezza e funzionalità che diverranno nemmeno un decennio dopo i cardini per il nuovo stile razionalista.
L'edificio rispecchia inoltre un raffinato esempio di ricerca di uno stile “utile” che testimonia il bisogno di una società in profondo cambiamento, volta al futuro e all'innovazione, che richiede un uso raffinato e originale di nuovi materiali e di nuove tecnologie, in forte contrasto con l'affermarsi dello stile liberty che a Torino aveva idealmente piazzato la sua roccaforte. Ma Betta sa coniugare vecchio e nuovo e comincia a discostarsi discretamente da alcuni elementi tipici del liberty, per esempio non contemplando nella costruzione la presenza del cornicione, elemento fondamentale per gli architetti libertyani, dai quali era considerato un importante stratagemma per nascondere il tetto alla vista dei passanti. Gli stessi influssi del liberty dell'architetto austriaco Josef Hoffmann (collega dell'architetto Otto Koloman Wagner) vengono attualizzati e resi in chiave più moderna e un po' stravagante, attraverso la realizzazione di una facciata semplice e dalle decorazioni geometriche.
Si colgono nel complesso elementi del gusto art-decò misto a suggestioni proto-espressionistiche di certe opere della Scuola di Otto Koloman Wagner. 
Gli stessi balconcini e i bow-windows che nel puro stile liberty sono slanciati e leggiadri, quasi a spiccare il volo, in Casa Avezzano si percepiscono, pur nella leggerezza d'insieme, più possenti e pesanti, incorniciati da quattro stupende colonne con capitelli di chiaro stile corinzio. Anche le decorazioni e i fregi architettonici delle sculture delle quattro protomi taurine che sorreggono le colonne appaiono molto più scarni rispetto allo stile originale liberty, seppur più maestosi.
Le protome sono elementi decorativi costituite dalla testa, a volte anche con parte del busto, raffiguranti una figura umana o animalesca o fantastica, che testimoniano il culto della divinità maschile, il dio Toro, simbolo di fertilità. Si voleva alludere a una città in crescita, fertile di idee e innovazioni.
Infatti nel panorama cittadino sono rintracciabili molti palazzi con decorazioni di protomi animali, per esempio alcuni edifici in via Vico, 8 (con teste di stambecco) e in via Cavour 19 (con teste di caprone) o le quattro case barocche di Via Milano nel tratto verso Porta Palazzo realizzate da Filippo Juvarra.
La tradizione vuole che, anche per merito di queste decorazioni e di queste architetture intriganti e solenni, quando Giorgio de Chirico passò per Torino, nel 1938, in uno dei suoi innumerevoli viaggi sentenziò: “Torino è la città più profonda, più enigmatica, più inquietante non d'Italia, ma del mondo”.
E Casa Avezzano, secondo me, invita fortemente ad avventurarsi nel mistero di una città che desidera ardentemente lasciare il segno.
Attualmente la struttura originaria della casa è rimasta per lo più invariata nonostante siano trascorsi cent'anni circa, tranne un'unica modifica significativa: il portone di ingresso, che oggi è protetto da un secon-do portone più grande e più imponente.


Per il resto tutto è esattamente come allora. Sostiamo dinanzi a Casa Avezzano, socchiudiamo gli occhi e possiamo vedere gli inquilini della casa, signori con cilindro e bastone, scarpe perfettamente lustrate, magari con baffetti ben curati, accompagnati dalle loro madame incipriate e truccate, un po' altezzose, mentre le carrozze attendono all'uscita. Loro vi salgono per dirigersi verso chissà quali salotti alto-borghesi o caffè storici del centro. Lo zoccolio dei cavalli risuona nell'aria e...un'emozione ci coglie: siamo sulla stessa strada e anche noi abbiamo cipria o cilindro.
È Torino: una città che respira a pieni polmoni, o che sospira nell'attesa, o che medita, o che si trastulla, o che incuriosita si serve di cittadini geniali per dare vita a qualche altra novità, romantica e razionale, tenace e attenta, raffinata e sostanziale.


Umberto Eco disse: “Senza l'Italia Torino sarebbe più o meno la stessa. Ma senza Torino l'Italia sarebbe molto diversa”.
L'architetto Betta è una delle massime espressioni dell'anima di Torino e si concretizza non solo nella Casa Avezzano, ma in un susseguirsi di progetti significativi, che denotano una maturità raggiunta: a Torino Casa Chicco in via Cavour 9, la Casa per l'Istituto delle Case Economiche di Corso Re Umberto, 5, del 1929, il restauro e l'ampliamento (realizzazione della terza ala) del Real Collegio Carlo Alberto a Moncalieri del 1930 e la Clinica Chirurgica Prof. Massobrio a Savona sulla via Aurelia (progetto iniziato nel 1932 e continuato dopo la morte del Betta dagli architetti Domenico Soldiero Morelli e Felice Bardelli, che ne rilevarono lo studio).
Torino, con Casa Avezzano o altre magnificenze architettoniche è l'anello di congiunzione tra passato e presente, laboratorio di innovazione a cielo aperto, promessa di futuro.


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