November 21, 2015

I Gialli di Porter: Morte di un Giocatore di Golf (2° Puntata)

I Gialli di Porter

Pubblichiamo la seconda puntata del giallo “Morte di un giocatore di golf ”, il cui cadavere è stato rinvenuto ai margini dell’autostrada che solitamente i torinesi utilizzano per raggiungere le località di villeggiatura della Liguria. Dopo accurate indagini gli inquirenti, guidati dall’ispettore Bellon e dal pm Bellini riescono a risalire alla sua identità si tratta di Silvano Foggini. Di lui si sa poco, se non che viveva a Roma, era scapolo e pare senza amici. Gli unici indizi emersi sono che faceva il fotografo ed aveva la passione per il golf. Ma sarà proprio cosi? Lo sviluppo delle indagini ci svela sorprendenti particolari, partendo da una strano fatto successo nell’albergo torinese, nei pressi di Porta Nuova, dove aveva preso una stanza.

MORTE DI UN GIOCATORE DI GOLF

2° Puntata



"E' incredibile Bellon. Un tizio viene, dice che un cliente ha dovuto partire e gli consegnano i suoi bagagli, come se niente fosse. Non crederanno mica di passarla liscia?", dice con forza il magistrato inquirente, dottoressa Bellini "Certo che no, adesso sono qua, il portiere, il suo aiutante e il cameriere.Stiamo facendo un identikit di quel signore.Il direttore
dell'hotel era fuori della Grazia di Dio, ma, purtroppo sono cose che succedono...", rassicura il commissario Bellon
"E il suo caro amico Bonfante, da Roma cosa le ha detto sul Foggini?".
"Ben poco, per ora. E' stato nel suo appartamento dove viveva da solo, ma sembra che qualcuno lo abbia da poco
attentamente ripulito, infatti non hanno trovato nulla se non i mobili, ma quello in cui viveva era un alloggio
ammobiliato in affitto al Foggini da poco più di un anno.
Nella casa sembra proprio che nessuno lo conoscesse. Niente portineria. Luce e telefono intestati al proprietario
dell'alloggio con il quale il Bonfante non ha ancora potuto mettersi in contatto".
"E chi le ha detto che era un fotografo e un giocatore di golf?".
"Del giocatore di golf l'ho detto io, anzi il dottor Stivani. Per il fotografo, lo ha riferito un condomino appassionato
di fotografia che, avendolo incontrato un giorno, sull'ascensore con in mano una bellissima macchina fotografica, gli
avrebbe fatto qualche domanda; in quell’occasione il Foggini gli avrebbe detto di essere un fotografo professionista".
"Però ciò non ci dà la certezza che corrisponda al vero".
"Sicuramente, ma il Bonfante si sta dando da fare e spero che presto ci sappia dire qualcosa di più. Quando avremo
l'identikit del tizio che ha saldato il conto del Concord, cercheremo di scoprire chi è, perchè, ritengo, possa essere
collegato con l'omicidio".
"Ok Bellon. Nell'attesa sarà bene che io vada a prepararle la cena, l'aspetto per le otto, se avrà qualche novità ne
discuteremo a tavola. A più tardi". A cena conclusa, mentre sul tavolo compare un cesto di frutta fresca, la padrona
di casa, la dottoressa Bellini si informa del gradimento
"Promossa, come cuoca?". "Alla grande, dottoressa. E, se mi consente, non solo come cuoca", si fa leggermente galante
il commissario.
"Cosa ne direbbe Bellon, se quando non siamo sul lavoro, mi chiamasse Giovanna e non dottoressa, o i suoi principi
glielo impediscono?".
"Assolutamente no, ma, per reciprocità, lei deve chiamarmi Andrea".
"Ok, Andrea. Sul Foggini sa qualcosa di nuovo?".
"No, ma mi ha telefonato il Bonfante da Roma. Ha bisogno di parlarmi di persona. Arriverà domani mattina con il volo
delle 11,30. Andrò a prenderlo a Caselle. Mi auguro che non sia solo una scusa per andare a visitare Torino o a fermarsi
per la partita di calcio".
"Per telefono non le ha anticipato nulla?", ritorna professionale e formale il magistrato.
"No. Ha detto solo che vuole parlarmi di persona. Ma penso si tratti del Foggini, anche se non capisco tanta
riservatezza, a meno che...". "A meno che?".
"In un qualche modo c'entri il Prete". "Il Prete?".
"E sì, non so se si ricorda, devo avergliene già parlato. Quando ero ad Agrigento ho inciampato in questo fantomatico
Prete, un misterioso e potente malavitoso romano che, con il Bonfante, abbiamo invano cercato di individuare". "E
come potrebbe entrarci con il nostro caso?".
"Non lo so, ma potrebbe essere anche questa una storia...".
"Di mafia? Andiamo commissario, la mafia ormai per lei è diventata un'ossessione. Siamo a Torino, non nella sua bella
Sicilia. Se l'è scordato?".
"No, e forse la mafia e il Prete non c'entrano nulla, ma non crederà mica che la malavita organizzata non ci sia anche
qui a Torino. Bardonecchia o i più recenti fatti portati alla luce dal processo sui fatti capitati nella periferia di Torino,
verso Leinì, non le dicono nulla?".
"Va bene, va bene. Per questa sera lasciamo perdere. Ne riparleremo dopo il suo faccia a faccia col Bonfante”. La
dottoressa Bellini ritorna ad essere confidenziale?
“Commissario, anzi Andrea, bevi qualcosa?".
"Come no. Un lucano, se ce l'hai". Accetta, con un sorriso, mentre quella bella serata va a concludersi. Il mattino dopo
all’aeroporto di Caselle.
"Fatto buon viaggio?". "Ottimo. Cosa ne diresti se invece di andare in Commissariato, andassimo a mangiare qualcosa
in un posticino tranquillo dove sì possa anche parlare più liberamente. Dopo dovrei ripartire subito. A Roma
mi aspettano".
"Magari senza microfoni e orecchie indiscrete?". "Esattamente, caro Bellon".
"Conosco un locale qua vicino. E' alla buona, ma si mangia bene e poi in cinque minuti posso riportarti all'aeroporto.
Ma dimmi, Bonfante, perchè tutti questi misteri?".
"Per via del Prete. Ti ricordi dell'agente Cardoso?. Quando c'è di mezzo lui, non mi fido più di nessuno…". "Quindi, ci risiamo. Si tratta del Prete? Ma anche del Foggini, o sbaglio?".
"No, caro Bellon. Come ti ho detto ieri al telefono, a casa di questo Foggini non abbiamo trovato nulla. Era stata
accuratamente ripulita. Il che mi ha insospettito. Poi quella storia sul fotografo professionista non stava in piedi. Nel mondo dei paparazzi nessuno lo conosce e allora ho risentito quel condomino a cui il Foggini avrebbe parlato sull’ascensore. Mi ha confermato la sua dichiarazione. Mi son dato da fare con i nostri informatori. L’unica cosa che ho saputo è che il Foggini aveva a che fare con il racket. E chi controlla il racket a Roma?". "Il Prete".
"Esattamente. Ma su questo punto i nostri informatori non mi hanno detto altro.. proprio come l'altra volta".
Intanto i due sono arrivati davanti alla trattoria.
"Ti va bene questo localino?".
"Direi di sì. Mi sembra la classica “bettola” di campagna".
"In effetti lo è".
"Cosa capijoijsgnor?" – chiese l’oste panciuto con un caldo accento torinese, dopo averli fatti sedere ad un tavolino, un po' appartato, con tovaglia a quadretti bianchi e rossi e sedie impagliate..
"Ci chiede cosa vogliamo mangiare" traduce Bellon.
"Lo avevo immaginato”. Consigliami tu caro amico, risponde Bonfante
"Ok. Due fettine di vitello tonnato, dei tajarin al burro e salvia e, se l'avete, un po' di fritto misto. Ti può andare bene?".
"Come no, ma non è un po’ troppo?" - dice Bonfante.
"E da beive?".
"Na butaédDossèt, anzi no, un buon Barbaresco".
"Va bin. Ca fasachiel".
"Veniamo a noi, Bonfante. Dunque il Foggini era un esattore. A dire il vero, non me lo vedo tanto in questi panni".
"Hai ragione, Bellon. Ma lui non era uno di quelli che, per farsi pagare, usano, nel migliore dei casi, le mani. No, lui era di quelli che stipulano i contratti. Gli esattori sono altri. Manovalanza".
"Quindi il Foggini non era un semplice picciotto".
"No. Tant'è che poteva permettersi un alloggetto ammobiliato con gusto, da oltre un migliaio di euro al mese, una Bmw e giocare a golf all'Olgiata. Per inciso, abitava da diversi anni a Roma, ma era torinese". " Cosa altro hai saputo di lui?".
"Altro che fotografo, non era neppure appassionato, di foto. Gli piacevano le donne, quelle formose, specialmente. Ne abbiamo individuate un paio, ma non ci han detto nulla di interessante. Non aveva veri amici, ma solo un sacco di conoscenti che di lui sanno poco o nulla, se non che era un tipo simpatico, distinto e a mezzi.".
"E quelli con cui stipulava contratti?".
"Ne abbiamo trovati tre. Dicono che ispirava fiducia. Era un gentile. Ti presentava la cosa in modo convincente. I guai venivano dopo se non rispettavi gli impegni. Ma lui non lo si vedeva più".
"Come lo collega con il Prete, solo per via del racket?".
"No, non solo. Anche il fatto che il suo appartamento è stato così diligentemente ripulito, mi dice che, dietro, ci deve essere qualcuno che conta".
"Non han lasciato nulla?".
"Sino ad un certo punto sono stati di una accuratezza incredibile, poi, forse, hanno trovato quello che cercavano e allora sono stati, per il resto, un po' più sommari, tant'è che in una valigia, chiusa in un armadio, abbiamo trovato una bella
macchina fotografica ma senza alcuna immagine nella memoria.
Mi sembra strano”. Tu pensi che cercassero qualche foto particolare?”.
“Penso proprio di sì e chissà che non ce ne fosse una anche del Prete”.
“Se fosse così, potrebbe anche essere il movente dell’omicidio”.
“Ma bravo Bellon. Supponiamo che, non so come, il Foggini sia riuscito a fotografare il Prete e poi lo abbia ricattato o
intendesse farlo e il Prete ne sia venuto, in qualche modo, a conoscenza o, forse meglio, lo abbia sospettato. Con
qualche scusa lo manda a Torino ad incontrare qualcuno. In sua assenza fa perquisire il suo alloggio. Trovano la foto e
lui ordina ai suoi compari torinesi di farlo fuori”. “Sì, potrebbe essere andata così. Dovremo cercare i riscontri”.
“Certo. Io mi darò da fare a Roma, tu fallo qua. Per parlarmi chiamami a casa, questo è il mio numero. Io farò lo stesso
con te”. “facciamo cosi, questo è il mio numero; ma secondo te come può essere finito nel giro un tipo come il Foggini?”.
“Da ragazzo subì un arresto per uno scippo e finì al Ferrante Aporti di Torino, dove allora abitava. Lì deve aver fatto
delle conoscenze...”.
“Al riformatorio? Dalle impronte sembrava un incensurato”.
“Quelle dei minori, se, una volta rilasciati, rigano diritto, non rimangono negli archivi”.
“Così lui deve aver rigato diritto, almeno per un po’”.
“Ritengo di sì. Poi il Prete però potrebbe aver avuto bisogno di qualcuno a Torino e lo avrà fatto contattare per qualcosa
di poco conto, offrendogli una bella somma, tanto per metterlo alla prova. Il nostro, che doveva esser tutt’altro che un
cretino, avrà superato l’esame e così avrà avuto altri incarichi, condotti sempre in modo soddisfacente, tanto che, non
essendo più utile a Torino, il Prete può aver deciso di farlo andare a Roma, affidandogli quell’incarico che praticava
abitualmente”. “A Torino potrebbe avere dei parenti”.
“Forse sì. Ma con loro potrebbe aver rotto i ponti, perlomeno da quando si è trasferito a Roma. Non abbiamo trovato
traccia di suoi contatti con Torino”.
“Mi sembra già di sentire cosa ci diranno. Ipotesi interessante, ma senza riscontri e senza prove”.
“ E non li troveremo mai, se qualcuno dovesse informare il Prete dei nostri sospetti”.
“Tu pensi che abbia, al nostro interno, degli informatori?”.
“Non lo penso, ma lo temo. Agrigento docet”.
“Starò attento, ma del mio pm posso fidarmi ciecamente e così di almeno un paio di miei stretti collaboratori. Da solo
potrei fare ben poco. Di loro mi fido. Anche tu, a Roma, potrai contare su qualcuno o no?”. “Sì, guai se non fosse così”.
“Ma se per una sua possibile foto, il Prete ha messo in moto tutto sto marchingegno, adesso, con quelli che potrebbero
averla ritrovata, cosa diavolo farà?”.
“I casi sono almeno due: o sono elementi di cui può fidarsi ciecamente o troverà il modo di farli fuori anche loro”. “A va
tut bin?” - li interruppe l’oste.
“Tutto bene, anzi ci porti il conto e due caffè” risponde Bellon, che rivolto al collega romano dice “Spero tu abbia un
buon ricordo di questa nostra Piola. Per il tuo volo abbiamo ancora un po’ di tempo. Se non ti dispiace, vorrei
ricapitolare quanto ci siamo detti ed ho la sensazione che stiamo mettendo le mani su qualcosa di grosso”.

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