Posted by : Unknown September 07, 2015

Conosci Torino
Prefazione a cura di: Bruno Gambarotta


Contempli gli scaffali di libri su Torino e pensi che non ci sia più niente di nuovo da dire sulla nostra città. Errore. Da cinquanta anni leggi e rileggi quei libri e pensi di sapere tutto. Vediamo se sai rispondere a queste domande: chi erano gli spinettai? Chi introdusse l’omeopatia? Perché il giardino Luigi Martini è conosciuto come piazza Benefica? Di che colore era la prima maglia della Juventus? Chi ha inventato la frase “Piove, governo ladro”? (Casimiro Teja in una vignetta sul Pasquino per commentare una riunione di mazziniani andata deserta a causa della pioggia). Luciana Manzo ti attira
nella sua trappola di domande e se ti va bene riesci a dare il 10% di risposte giuste. Ti consoli scoprendo che la stessa percentuale di risposte giuste alle domande contenute nel libro di Raymond Queneau, “Connaissez-vous Paris?”, da cui questo trae ispirazione, concedeva al lettore il diritto di considerarsi un buon conoscitore di Parigi. Questo libro è un gioco che dà dipendenza, siete avvertiti, una volta catturati farete molta fatica a uscirne. Torino si presta magnificamente a entrare in questo labirinto degli specchi; dalla metà del Cinquecento, da quando diventa la capitale del ducato, le trame
da seguire sono due, la dinastica e la comunale, che s’intrecciano e spesso si trovano in contrasto. E quando i Savoia saranno costretti all'esilio, un’altra dinastia prenderà il loro posto nell’immaginario dei torinesi, la famiglia Agnelli. Da quando diventa una capitale, Torino è doppia in tutto; la città dei santi sociali versus il positivismo, la massoneria e l’anticlericalismo risorgimentale; la devozione per la Sacra Sindone (di proprietà dei Savoia) verso quella comunale per la Consolata alla quale i  torinesi chiedono protezione contro le pestilenze e le guerre; la città politecnica versus la città magica; la città capitale dell’industria metalmeccanica versus la coetanea capitale dello stile Liberty. Città amata o detestata all’eccesso dai visitatori stranieri. Organizza l’esposizione universale del 1884 per far sapere a tutti che, non potendo più essere la capitale politica si candida con successo a diventare la capitale dell’industria; e cosa lascia ai posteri come ricordo dell’evento? Il Borgo Medievale che riproduce con minuzia filologica edifici piemontesi e valdostani tutti rigorosamente del Quattrocento. La storia locale è una prateria sulla quale scorrazzano liberamente i volenterosi compilatori di centoni, occupati a copiarsi l’un l’altro, non di certo a controllare le fonti di bufale e leggende che si tramandano di generazione in generazione. E’ un fenomeno comune sotto tutte le latitudini. Scrive Raymond Queneau nella prefazione del suo libro: “Poche sedute alla Biblioteca nazionale furono sufficienti a farmi capire che la maggior parte dei libri su Parigi si copiavano l’un l’altro, che continuavano a perpetuarsi antichi errori per quanto segnalati da anni, che un minimo di <metodo storico> era sufficiente a far sparire vani fantasmi e stantie inesattezze”. Luciana Manzo, per la sua lunga militanza di funzionario all’Archivio Storico della Città di Torino, è un solido argine contro questo dilettantismo. Un’altra bella famiglia di storici locali è quella dei falsari, qui rappresentata da Vincenzo Malacarne autore di una lettera di Torquato Tasso a Giovanni Botero nella quale il poeta ferrarese scriveva di essersi ispirato al Regio Parco per il giardino di Armida.
Sono quasi 500 le domande e altrettante le risposte che spaziano in tutti gli ambiti: chiese, palazzi, quartieri, imprese sportive, leggende, toponomastica, storia antica e recente, mercati, curiosità, miracoli, ristoranti, negozi, primati, cinema, teatro, fiumi, ponti, eroi, furfanti, ecc. ecc. Il tutto rimescolato in allegro disordine, così non sai mai cosa ti aspetta alla domanda successiva. Il libro è un invito a nozze per quei torinesi che aggiornano puntigliosamente l’elenco dei tanti primati di Torino città laboratorio. Qui ne troveranno almeno uno che ignoravano: la prima sparatoria fra tifosi, nel 1925, a Porta Nuova, fra quelli del Bologna e quelli del Genoa dopo l’incontro per il primo posto nel campionato del Nord. Esistono poi i torinesi che godono nel puntualizzare, nel confutare, nel notare le inesattezze e da questi Luciana dovrà guardarsi, consolandosi col pensiero che è una sorte comune a chi si inoltra sul terreno minato della storia locale. Un episodio recente: il quotidiano La Stampa pubblica un servizio sul completamento del grattacielo di Intesa San Paolo scrivendo che il progettista Renzo Piano si è fermato a un metro meno dell’altezza della Mole Antonelliana, rispettando il desiderio della comunità torinese. Il giorno seguente la rubrica “Specchio dei tempi” pubblica la lettera firmata di un lettore che puntualizza: non è vero che il grattacielo di Renzo Piano è più basso perché bisogna tener conto del fatto che il terreno su cui poggia la Mole si trova a un’altitudine inferiore di 20 metri rispetto a dove sorge il grattacielo. Parliamo della maggior parte dei lettori che non nutrono velleità revansciste o manie da inquisitori. Costoro troveranno nel gioco di domande e risposte una continua fonte di sorprese. Vi dico le mie. La ghigliottina innalzata al centro di piazza Carlina, durante l’occupazione francese ha tagliato 423 teste. Tenuto conto che i francesi sono stati a Torino 15 anni fa in media un’esecuzione capitale ogni quindici giorni e un abitante su 200 di Torino è finito lì sopra. Ancora: non avrei mai immaginato che nel 1901 a Torino coesistessero ben tre diversi modi per illuminare le vie, con lampade elettriche, fanali a olio e fanali a gas. Leggo che nel 1942 nello spazio antistante Porta Susa, sul lato sinistro di via Cernaia, fu allestita una grande conigliera su iniziativa delle Massaie Rurali per incoraggiare piccoli allevamenti sui balconi in tempo di guerra. Su quel terreno è poi sorto il grattacielo della Rai; ecco spiegato il motivo per il quale fra il DNA di molti dirigenti della tivu di Stato e quello del coniglio non c’è una grande differenza. Il pregio forse ancora più grande di questo libro consiste nel fatto che numerosi quesiti sono il germe di microstorie che il lettore è libero di sviluppare per conto suo. Come la vicenda relativa all’intitolazione di corso Fiume. Il tratto di corso Vittorio Emanuele II, dal ponte Umberto I fino a piazza Crimea, fu intitolato a Thomas Woodrow Wilson presidente degli Stati Uniti, in sosta a Torino il 6 gennaio 1919 durante il viaggio verso Parigi per prendere parte alla conferenza di pace. Poiché non sostenne le richieste territoriali dell’Italia, nel 1921 quel tratto di strada divenne corso Fiume, che il trattato aveva assegnato alla Jugoslavia. Un romanzo intero meriterebbe la storia di Sebastiano Contrario, uno scaltro imbroglione che ha dato il nome a un tipo, colui che fa sempre ciò che non dovrebbe, il Bastian Contrari. Lo sapevate voi? Io no e già questo solo regalo merita il posto d’onore riservato a questo libro nella mia biblioteca.

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